mercoledì 28 gennaio 2009


L'Amore conta

Se provo ad immaginare il mio futuro immediato, mi vedo educatrice...una brava educatrice spero! Mi vedo circondata da amici, da una famiglia che amo e felice...
Però a questo punto, smetto di pensare perchè ho paura. Ho paura che un giorno, anche io potrei ammalarmi di questa orrenda malattia...temo di diventare un peso per quanti amo.
Qualcuno potrebbe pensare che sono la persona più tragica della terra, che tali pensieri non si adattano per niente ad una ragazza di ventun'anni...ma non è così.
Quando si sperimenta l'Alzheimer, è praticamente impossibile dimenticare...è impossibile rimanere illesi! La malattia si sta portando via una figura importante della mia vita, una persona che ha sempre creduto in me, in ciò che sono e in quello che sarò in futuro. E nei momenti tristi della mia vita rimpiango di non aver accanto a me mio nonno, un uomo sano, robusto, dal cuore d'oro, dispensatore di saggi consigli e di dolci carezze. Avrei bisogno della sua presenza...
Il mio timore è di non riuscire ad esser presente un giorno per gli altri...magari per i miei nipotini...chissà!

Da quando sono caduta nella morsa dell'Alzheimer, mi chiedo spesso quale sia lo scopo della vita...se sia possibile, umano soffrire così tanto..se valga la pena di vivere una vita di sacrifici per poi ritrovarsi su una carrozzina, ignari del proprio passato e del proprio presente.
Quando mio nonno non riesce ad alzarsi dalla sedia e a fare un solo passo, quando non riesco a fargli capire che per veder la voce che gli parla deve aprire gli occhi, quando non riesco a farlo mangiare...è allora che sperimento la sofferenza! Vedere tutti quegli anziani, che camminano su e giù per la stanza tutto il santo giorno, bestemmiando, pregando, urlando...è in quel momento che dispero! Perchè vivere così? Che senso ha tutto ciò? E' in questi momenti che le parole dei sacerdoti non mi bastano più! Giulia..."Dio ha un progetto per ognuno di noi, spesso non riusciamo a comprenderlo perchè siamo solo uomini, ma lui ha tracciato la nostra strada; Non disperare, tuo nonno sarà ricompensato nel regno dei cieli; La sofferenza di tuo nonno serve per espiare le colpe di tante altre persone, serve per ricreare il paradiso in terra". No no...io proprio non ci sto! Spiacente ma queste risposte non mi bastano...Forse la mia fede non è abbastanza forte...e in questi momenti difficili queste parole non mi bastano, non mi calmano.

Poi però, ci sono giorni in cui, all'improvviso, mio nonno mi strizza l'occhio sorridendo, mi abbraccia! Ci sono giorni in cui due anziane signore della casa di riposo si prendono per mano e iniziano a passeggiare...e ci sono giorni in cui osservi tutti quei malati sulle loro carrozzine, attorniati da amici e parenti, da persone che li amano. Ed è proprio allora che trovi il senso che andavi cercando: l'amore. La vita di tutti questi malati ha un senso e tale senso è visibile nell'affetto di loro cari! Che siano stati buoni o cattivi genitori "da sani", non conta più di tanto...vai a trovarli perchè dentro di te provi amore per loro!
Spesso i figli si sentono talmente grati nei confronti dei loro genitori che non possono far a meno di tener loro la mano durante questo difficile percorso.

Vorrei proporvi qui di seguito la lettera che la figlia di Ronald Reagan ha scritto a suo padre.
Io la trovo molto commovente e mi è utile stasera per esplicitarvi cosa intendo per affetto-gratitudine nei confronti del proprio genitore malato.

L' ULTIMA BATTAGLIA
La figlia di Ronald Reagan racconta "Cosi' l' Alzheimer spegne mio padre"

Ogni mese, Ronald Reagan, mio padre, perde qualcosa di se' per il morbo di Alzheimer. Per lui, come per chiunque sia affetto da questo male, il vero nemico e' il tempo: che continua a restringersi e diventare vano, svuotato di significato. Mio fratello Michael e io ci incontriamo nell' ufficio di nostro padre e gli portiamo dei regali, anche da parte di nostro fratello Ron, che e' bloccato a Seattle per lavoro. Tutti noi, comprandogli i regali, abbiamo fatto lo stesso ragionamento: abbiamo scelto qualcosa che mio padre sia in grado di osservare con piacere, senza dover leggere. Qualcosa per attirare la sua attenzione. Abbiamo portato dei libri illustrati con fotografie di paesaggi, e dei cioccolatini, un regalo proibito. E anche una sfera di vetro contenente il modellino di un paesaggio: quando la agiti, la neve cade sulle casette. Quando la vidi nel negozio mi ricordai di quando, da piccola, mio padre mi raccontava dei Natali innevati della sua gioventu' . L' ufficio di mio padre e' in un grattacielo che sovrasta Los Angeles. Dalle finestre si vedono il cielo azzurro, le strade, i tetti delle case. Lui ci va ancora un paio d' ore la mattina. Non ha molto da fare, in ufficio, ma non e' questo il punto. Si tratta di una routine, e i malati di Alzheimer devono mantenere le loro abitudini. La routine li aiuta a dare una struttura al tempo che passa, a riempire le ore. E' bello vedere tutti i regali posati sulla scrivania di mio padre. Ormai non c' e' molto: e' quasi vuota. Un blocco di fogli gialli, intonso, e' sempre allo stesso posto da mesi. Guardo le mani di mio padre mentre cercano con cautela di aprire i pacchetti, staccando il nastro adesivo senza strappare la carta. Alla fine pero' , si lascia prendere dall' impazienza. I suoi occhi si illuminano alla vista dei cioccolatini e per un momento Michael e io diventiamo suoi complici in una piccola marachella: si tratta di una ghiottoneria "proibita" che non riceve spesso. "Sono tutti per te, papa' - gli dice Michael -. Non devi dividerli con nessuno". "Ah, bene", risponde allegro, tirando la scatola verso di se' . Quando vede i libri con le fotografie di laghi, di praterie e di montagne resta ammirato. Poi rigira la sfera di vetro e sorride davanti a quel paesaggio invernale in miniatura. Gli dico che quando e' stanco di guardare il sole californiano dalla finestra basta che guardi nella sfera di vetro per cambiare la stagione. Mi fissa e mi dice un "ok" secco. Non so se mio padre sappia ancora cosa rappresenta il Natale, ma sono sicura che sappia cosa vuol dire donare. E, mentre siamo accanto a lui, lo sappiamo anche Michael e io. Siamo lontani dalla follia degli acquisti natalizi, e dei problemi di parcheggio. Mentre ce ne andiamo dall' ufficio, dopo aver salutato papa' , chiedo a mio fratello chi abbia fatto il regalo piu' grande, se noi due a nostro padre o lui a noi. Michael non ha bisogno di rispondermi, lo sappiamo entrambi. Non dovrebbero essere necessari la malattia o il dolore per ricordarci il vero significato del Natale. E invece, purtroppo, spesso e' cosi' . Poco tempo fa, ho fatto un' escursione in collina e mi sono fermata davanti a una cascata e a un laghetto, all' ombra di grandi alberi. Mi sono seduta su una roccia a ascoltare lo scorrere dell' acqua, il vento che muoveva le foglie. Avrei voluto regalare quell' esperienza a mio padre. Avrei voluto regalargli la pace di quegli istanti, la dolcezza di quei suoni, la serenita' di quel luogo. Ma non posso.

Patti Davis Reagan, figlia di Ronald Reagan

Ogni volta che rileggo questa lettera, mi commuovo! Il padre che si illumina davanti alla scatola di cioccolatini, mi fa venire in mente mio nonno che mangiando con voracità un pavesino, mi sorride...e non appena lo finisce, allegro, mi sfiora la mano e mi dice "senti che bon Maria Santissima!"
"Avrei voluto regalargli la pace di quegli sitanti, la dolcezza di quei suoni, la serenità di quel luogo. Ma non posso." scrive Patti Davis Reagan. Già, nemmeno io posso ridare tutto ciò a mio nonno...però posso donargli una parte del mio tempo e posso accompagnarlo durante la tappa finale del suo viaggio. E posso essere forte anche per lui...e posso mettere in pratica quanto mi ha insegnato nella quotidianità, facendo così rivivere ogni giorno, una parte di lui.

Francesco Guccini, nella canzone "Cirano", dice:"...Dev'esserci, lo sento, in terra o in cielo un posto dove non soffriremo e tutto sarà giusto."
Francesco Guccini è certo che esista un'isola felice, un posto in cui non vi siano nè dolore, nè pianto...Io non lo so...però io esisto e posso aiutare, nel mio piccolo, ad alleviare le sofferenze di qualcuno. Io esisto e posso dare il mio contributo, qui ed ora...in vista di raggiungere il posto "dove non soffriremo e tutto sarà giusto."

In una delle sue canzoni, Ligabue canta: "L'Amore conta, l'amore conta, conosci un altro modo per fregar la morte?"...Allora osservo mio nonno...No, non conosco nessun altro modo!


1 commento:

Mari ha detto...

Cara Giulia, non credo si possano trovare parole giuste per ringraziarti di quanto hai scritto. Parte così un grazie dal profondo del cuore.
Ho sperimentato anch'io, più volte, questo senso di impotenza, di tristezza che attanaglia l'animo e non lascia via di scampo. Sò, però, che è proprio in questi momenti che bisogna farsi coraggio, anche per la persona che soffre.
Gesù conosce molto bene la sofferenza, sia come amico (la morte di Lazzaro), sia in prima persona...sà quello che prova tuo nonno e quello che provano le persone che gli stanno accanto...ed è per questo che è vicino a voi!
Non sò che altro aggiungere, poichè in questi momenti è solo l'anima che parla...ti mando un fortissimo abbraccio.
Forza donna dai grandi ideali!!!